| -Una ragnatela, trappola per moscerini dorati, non è mai stata dimora tanto confortevole per colui che non ha paura della Vedova Nera.- Non ha paura. Già. Le rivolgo un sorriso estremamente poco convinto delle sue parole. Credo davvero che ciò che sono, ciò che faccio, il modo in cui agisco è conseguenza dei miei più intimi desideri, eppure, non riesco a non pensare di essere stato minimamente spinto ad essere di siffatta pasta a causa dei pregiudizi, degli obblighi e dei voleri della società stessa e delle mie origini. Un uomo deve essere fascinoso, colto, ben'educato, intelligente. L'uomo ha il potere in mano e ugualmente la donna. No, non intendo dire che la donna è libera di decidere delle proprie azioni, piuttosto: la donna è nelle mani dell'uomo. E' così. E' sempre stato così e sono sempre cresciuto con tali idee. Nessuna donna, e ribadisco nessuna, ha mai insinuato dei dubbi su tale pensiero nella mia mente. Donne more, donne bionde, donne belle, donne brutte, tutte ugualmente complici dei miei maschilisti ideali. Ed ora, giunge questa ragazza, forgiata di divina beltà, impostata su uno scheletro d'acciaio, fornita di idee e voce per esprimerle, dotata di coraggio e sicurezza nel mostrarsi al mondo in tutto il suo essere donna e dea... Mi ridesto dai miei pensieri al sentirle nominare le mie sorelle. Tanto stupide e sciocche come tutte le altre. Le ho sempre stimate ben poco. Sempre lì a discorrere di sciocchezze colmando il loro cranio di informazioni futili, piuttosto che di cultura e scienza, riempendo il loro sguardo di superfice, piuttosto che scrutare il mondo scavandone il guscio. Non ho mai pensato che il cervello di una donna potesse contenere altro, prima di conoscere una tale fanciulla, tanto piena di vita, quanto di forza d'animo ed intelligenza. -Non sareste capace di offenderle perchè non riuscirebbero a intuire l'ironia nascosta nelle vostre parole. La osservo. -Non osate provare dispiacere per esservi rivelata, semplicemente, l'unica ragazza degna di lode nella mia dimora. Mi fa sorridere del suo successivo 'insulto', pur sembrando ai miei timpani, la più dolce tra gli aggettivi mai affibiati alla mia persona. Alla proposta di una danza, mi tormenta nell'attesa di un consenso. Passeggia attorno a me, come un'avvoltoio con la sua preda, non sa che sono già morto nel suo sguardo. Mi scruta, mi osserva e valuta. Sembro aver avuto successo perchè prende a slacciare le scarpe che le circondano la caviglia. La osservo avvicinarsi, leonina, al mio corpo. Tormento il labbro inferiore mostrando un canino, già terribilmente evidente. La guardo, la osservo e mi domando come, tale fanciulla sicura del suo essere donna e femmina, possa avere solo...quanti? Quindici, forse sedici anni? Paziento e attendo il suo arrivo. Giunge sui miei piedi con la punta dei suoi. Si appoggia a me con ogni parte di lei e le sue mani avvolgono la mia e portano l'altro arto alla sua schiena. Tocca a me guidare, dunque? Adeguato all'uomo, adeguato al mio modo d'essere. La stretta del mio braccio si rafforza, come una morsa d'acciaio, attorno alla sua vita, il mio sorriso divertito distrugge in mille pezzi la maschera di sciupafemmine che indosso. I miei piedi prendono a muoversi in una lenta danza, ritmicamente passiva alla musica lontana. La conduco senza molto sforzo. Pur essendo più in basso di me, decido di inchiodare i nostri occhi, come se vi fosse un filo legato strettamente alle pupille di entrambi. La voglio vedere. La voglio sentire. Un impulso nervoso, porta a stringere la sua mano nella mia per pochi attimi, che a me sembrano durare tutta la mia vuota vita. Un secondo stracolmo di senso, più dell'infinito tempo di piaceri insulsi. -Mi perdonerete se non sono così preparato nella danza, mi diletto in un diverso tipo di arte. Le mie parole non osano essere accompagnate da nessun tipo di malizia. Parlo del produrre musica tramite strumenti. Riesco a giungere sino al giardino, in piedi, immobile sull'erba brinosa. -Poggiate i piedi qui, è la sensazione più gradevole che proverete mai. Potete sentirvi...libera su di una distesa d'erba fresca. Come un cervo, come una lepre, come un lupo. Finchè non giunge l'arrivo del cacciatore a disturbare la vostra quiete. Accompagno la sua discesa dai miei arti alla terra fredda e umida. Colgo una rosa e la intreccio con cautela nei suoi capelli, facendo attenzione che non abbia spine a pungerle il volto. -Potete godervi la vostra libertà. Ora non siete donna, siete...essenza. Siete Dea, avrei voluto dirle. La sua bellezza mi stravolge il petto. Il cuore martella nel torace la sua voglia di scappare dalla corazza della mia pelle ed attaccarsi al suo corpo.
Edited by Narciso. - 12/12/2011, 21:56
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